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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), X, 2
 
originale
 
2. Post dies plusculos ibidem dissignatum scelestum ac nefarium facinus memini, sed ut vos etiam legatis, ad librum profero. Dominus aedium habebat iuvenem filium prope litteratum atque ob id consequenter pietate modestia praecipuum, quem tibi quoque provenisse cuperes vel talem. Huius matre multo ante defuncta rursum matrimonium sibi reparaverat ductaque alia filium procreaverat alium, qui adaeque iam duodecimum annum aetatis supergressus erat. Sed noverca forma magis quam mortibus in domo mariti praepollens, seu naturaliter impudica seu fato ad extremum impulsa flagitium, oculos ad privignum adiecit. Iam ergo, lector optime, scito te tragoediam, non fabulam legere et a socco ad coturnum ascendere. Sed mulier illa, quamdiu primis elementis Cupido parvulus nutriebat, imbecillis adhuc eius viribus facile ruborem tenuem deprimens silentio resistebat. At ubi completis igne vaesano totis praecordiis inmodice bacchatus Amor exaestuabat, saevienti deo iam succubuit, et languore simulato vulnus animi metitur [in] corporis valetudinem. Iam cetera salutis vultusque detrimenta et aegris et amantibus examussim convenire nemo qui nesciat: pallor deformis, marcentes oculi, lassa genua, quies turbida et suspiritus cruciatus tarditate vehementior. Crederes et illam fluctuare tantum vaporibus febrium, nisi quod et flebat. Heus medicorum ignarae mentes, quid venae pulsus, quid coloris intemperantia, quid fatigatus anhelitus et utrimquesecus iactatae crebiter laterum mutuae vicissitudines? Dii boni, quam facilis licet non artifici medico cuivis tamen docto Veneriae cupidinis comprehensio, cum videas aliquem sine corporis calore flagrantem!
 
traduzione
 
Alcuni giorni dopo, ricordo che si scopr? proprio l? un delitto orribile, un crimine efferato, di cui voglio accennarvi in questo mio libro perch? possiate conoscerlo anche voi. Il padrone di casa aveva un figlio, molto istruito e per questo modesto e virtuoso, tanto che anche tu, lettore, avresti gradito averne uno come lui. La madre era morta da molto tempo e il padre s'era risposato e da questo secondo matrimonio aveva avuto un figliolo che allora poteva contare dodici anni. Ma la matrigna che nella casa del marito si faceva notare pi? per la sua bellezza che per i buoni costumi, o perch? lei era corrotta per natura o perch? il destino la spingeva all'infamia pi? degradante, certo ? che mise gli occhi sul figliastro. Bada bene, lettore, io sto raccontandoti di una tragedia non di una commediola e che quindi dal socco ora si passa al coturno. La donna, finch? l'amore era sul nascere e quindi poco esigente, seppe resistere ai suoi deboli stimoli e soffocare facilmente in silenzio la tenue passione; ma quando il crudele iddio cominci? a divamparle in cuore e a diffondere come una smania per le sue intime fibre, ella cedette, e, fingendo un mortale languore nascose la ferita dell'animo dando ad intendere d'esser malata. Tutti sanno che il deperimento del volto ? comune agli ammalati come agli innamorati: viso pallido, occhi languidi, gambe fiacche, sonni inquieti, respiro sempre pi? affannoso, via via che cresce la pena. A vederla pareva che lei si agitasse soltanto per un attacco di febbre e, invece, piangeva anche. E quanta ignoranza nei medici: cosa volevano dire il polso frequente, le vampe al viso, il respiro ansimante, il continuo voltarsi e rivoltarsi ora su un fianco ora sull'altro? Santo cielo! Com'? facile capire, anche senza essere un medico, cosa vuol dire quando uno brucia e non ha febbre, solo se si ha un po' d'esperienza nelle cose d'amore.
 

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